L’anno che verrà

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Mentre penso a come iniziare questo articolo mi viene in mente la celeberrima canzone di Lucio Dalla “L’anno che verrà” che come un tormentone ha accompagnato tante notti del 31 della mia vita. La fine di un anno è sempre tempo di valutazioni, di bilancio, di profonde riflessioni, di disamine e spesso di ispirazione, è un marcatore tra passato e futuro, un invito all’azione ed a essere ciò che vorremmo. Ricordo che da bambina ad Avellino allo scoccare della mezzanotte, c’era la tradizione di buttare giù dalla finestra tutta la roba vecchia che era in casa e di prepararsi così ad una nuova vita che in quel gesto simbolico aveva il suo prologo. Oggi, dalla finestra non si butta più niente e tutto il vecchiume continua a marcire dentro diventando sempre più ingombrante e nauseabondo. Per tanto tempo ho dedicato gli ultimi giorni dell’anno a scrivere lunghe liste di buoni propositi che puntualmente svanivano già il due di gennaio, ho promesso e preso impegni, ho fatto proclami e giuramenti a me stessa che non hanno mai avuto anno che verràseguito. Quando non si è più giovanissimi il bilancio della nostra inconcludenza comincia a pesare e non sempre attribuire la colpa a ciò che ci circonda può alleviare il senso di sfiducia e di impotenza. “L’anno che sta arrivando tra un anno passerà” cantava Lucio Dalla con malinconica rassegnazione, e inesorabili passeranno tutti gli anni a seguire e così il tuo tempo. “Life is too short to wait” scrisse qualcuno, e mia nonna che anglosassone non era, mi ha sempre detto:” Cara Nanda, non rimandare mai e ricorda che la vita è un’affacciata alla finestra”. All’epoca ero troppo giovane per comprendere, ma quella frase mi si è scolpita dentro e come un mantra silenzioso, ha orientato la mia esistenza.

L’anno che verrà. L’anno che verrà.