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Perché no?!

Nanda Santoro / Blog /

Gennaio 30, 2018

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Perchè no?!

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Da piccola ero una di quelle bambine che amava scarabocchiare ovunque, con spiccata preferenza per i muri di casa e le ante degli armadi. A partire dalla prima elementare i banchi scolastici sono diventati la mia tela e li ho personalizzati tutti, fino all’ultimo anno di liceo, ovviamente senza tralasciare gli zaini e le borse di cuoio di gran moda all’epoca. Poi è arrivato il turno dei jeans. A quattordici anni avrei voluto iscrivermi all’istituto d’arte, ma i miei mi dirottarono verso il “più formativo” liceo classico che credo sia l’unico corso di studi a non contemplare nemmeno un’ora di disegno alla settimana.  

Inutile dire che pian piano famiglia e professori mi hanno “persuasa” a coltivare forme d’interesse e di studio “più serie”, in linea con la cultura di quegli anni che vedeva nel ceto dei professionisti la classe borghese cui aspirare.

Tutte le scelte successive, dagli studi universitari alla professione, si sono sempre e solo mosse in quel solco che tanti anni prima altri avevano tracciato per me: un solco profondissimo dal quale sembrava impossibile evadere.

Il trasferimento dall’Italia a Capo Verde avvenuto 4 anni fa, mi ha consentito non solo di conoscere e di vivere in un contesto differente, ma anche di resettare la mia mente e la mia vita, liberandola dagli angusti schemi imposti dalle moderne società occidentali.

A Maio, minuscola isola nel bel mezzo dell’oceano Atlantico, il tempo sembra essersi fermato agli inizi del secolo scorso, e con esso anche quel processo disumanizzante che ci ha ridotti a semplice ingranaggio di un sistema che nulla ha a che vedere con la nostra vita.

L’incontro con Sara

Sara è una mia coetanea che da qualche anno vive con il marito sull’isola di Maio.

 Eclettica e creativa, spinta dalla necessità di arredare la propria casa, Sara negli ultimi anni si era lanciata in un arduo “fai da te” creando oggetti di straordinaria bellezza. Non potendo sulla nostra piccola isola reperire materiali di alcun tipo, ha cominciato a riciclare l’impossibile: vecchi pezzi di legno restituiti dal mare, vetri, cocci, conchiglie e perfino ossi di animali… sperimentando così nuove forme di arte

 Di Sara ho sempre ammirato la forza immaginativa, la capacità cioè di vedere “altro” anche nelle cose più insignificanti.

Era una mattina di Maggio e per caso ci incontrammo al minimercato dove entrambe eravamo solite andare per fare la spesa. Non essendoci un rapporto confidenziale tra di noi ci salutammo frettolosamente tra gli angusti scaffali del negozio, poi all’uscita scambiando le solite chiacchiere formali mi disse di essere alla ricerca di un piccolo locale per aprire un negozietto di artigianato.

Perché no?!

Credo sia capitato un po’ a tutti di ascoltare qualcosa che al momento può sembrare insignificante ma che con il passare del tempo prepotentemente s’impone come pensiero unico e totalizzante.

Perché no? Continuavo a ripetermi, come un mantra.

Ho così trovato il locale che Sara cercava, una meravigliosa casa in stile capoverdiano situata nella via principale di fronte all’Oceano.  

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 L’ho ristrutturata e arredata con il genio di Sara. Ho disegnato e dipinto tantissimo, ed è stato uno straordinario viaggio alla riconquista di me stessa.

Le nostre vite si sono incrociate così, un po’ per gioco, in un giorno qualsiasi, su quest’isola dove tutto sembra essere possibile, perfino inseguire una passione, senza sentirsi né troppo vecchi, né fuori luogo.

Oggi Io e Sara lavoriamo insieme e a noi si sono uniti tanti artigiani e artisti capoverdiani.

Reiventare se stessi e la propria vita a cinquanta anni è forse la più grande opportunità che una persona possa avere. Continuare ad avere progetti, riscoprire emozioni quali l’entusiasmo e la passione, fare ciò che più piace e guardare al futuro con ottimismo spalanca le porte ad un meraviglioso cammino di vita.

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Invincibile

Nanda Santoro / Blog /

Giugno 15, 2017

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“Dal profondo della notte che mi avvolge,
Buia come un abisso che va da un polo all’altro,
Ringrazio qualsiasi dio esista
Per la mia indomabile anima.

Nella feroce morsa delle circostanze
Non mi sono tirato indietro né ho gridato.
Sotto i colpi d’ascia della sorte
Il mio capo è sanguinante, ma indomito.

Oltre questo luogo di collera e di lacrime
Incombe solo l’Orrore delle ombre,
Eppure la minaccia degli anni
Mi trova, e mi troverà, senza paura.

Non importa quanto stretto sia il passaggio,
Quanto piena di castighi la vita,
Io sono il padrone del mio destino:
Io sono il capitano della mia anima”.

Così questa notte il Presidente della Camera Municipale di Maio postava sul suo profilo facebook la meravigliosa poesia di Willam Ernest Henley, Invictus: un invito a non arrendersi mai, a non chinare il capo ed ad essere fieri conduttori del proprio destino. Scampato la settimana scorsa al vile attentato di un folle che armato di macete aveva fatto irruzione all’interno della Camera Municipale con il preciso intento di ucciderlo, il Predente Miguel Rosa ha riportato solo lievi lesioni, grazie alla prontezza dei suoi riflessi e alla mano di Dio. Un episodio gravissimo che ha scosso l’intera comunità maiense, certamente poco incline a fatti di sangue ma che al contrario vive perennemente immersa in un clima di pace e di serenità, cullata da dimensione dove il tempo sembra essersi fermato e i silenzi interrotti solo dal rumore delle onde del mare e dalle voci gioiose dei bambini.

Un’intera comunità sotto choc, che il Presidente ha voluto non solo tranquillizzare ma anche spronare, con quella che fu una poesia cara a Nelson Mandela durante i dolorosi anni dell’apartheid.

“Invictus”questo è il suo titolo, “Mai sconfitto” la sua traduzione. In pochi versi  un potente inno alla libertà e alla vita: è come  se Miguel Rosa avesse voluto dire ai maiensi: “Voi siete i padroni del vostro destino. Voi siete i capitani della vostra anima. Non arrendetevi, sarete voi gli artefici del vostro futuro!”

Força Presidente,  força Djarmai.

 

 

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Maio terra sabi

Nanda Santoro / Blog /

Marzo 29, 2017

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 O fenômeno atual do rápido crescimento do turismo em Cabo Verde  vem trazendo algumas importantes reflexões para Governo, mercados, pesquisadores, ambientalistas e comunidades. Sabe-se que o turismo pode contribuir sensivelmente para o desenvolvimento sócio-econômico e cultural de amplas regiões e, ao mesmo tempo, em poucos anos, pode degradar o ambiente natural, as estruturas sociais e a herança histórico-cultural dos povos.

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Il cuore della musica “Crioula”: Tibau Tavares

Nanda Santoro / Blog /

Novembre 1, 2016

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Compositore e interprete, Tibau Tavares è autore di diversi successi di  musica capoverdiana e punto di riferimento per la musica fusion all’interno del panorama internazionale della word music. La sua grande sensibilità lo ha reso uno dei compositori capoverdiani più richiesti: Lura, Isa Pereira e Zizi Vaz  sono solo alcuni degli artisti che danno voce alle sue creazioni, numerosi sono i riconoscimenti e i premi vinti, nonchè le tournèe di livello mondiale che registrano il sold out.
Per me Tibau Tavares è un simpaticissimo signore dal sorriso accattivante con il quale amo chiacchierare di musica e non solo;  insieme a sua moglie gestisce un piccolo bar sull’isola di Maio,  sua terra natia e fonte d’ispirazione per le sue composizioni artistiche. La semplicità di Tibau, per chi come me è abituata ai VIP nostrani, è davvero spiazzante: in Italia basta una comparsata a “uomini e donne” per sentirsi una star e tracciare una distanza di anni luce tra se e i comuni mortali, qui a Capo Verde invece, la musica è solo cuore e passione.
E così, tre giorni fa, mentre passeggiavo mi sono sentita chiamare: era Tibau che mi annunciava l’uscita del suo ultimo disco. La sera su Facebook il link youtube della sua ultima creazione e una simpatica dedica. Ed è sulle note dell’ultima nata “Morena Guitarra” che vi auguro un buongiorno e un buon ascolto.

 

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La festa di Sara

Nanda Santoro / Blog /

Ottobre 1, 2016

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Sara è una simpatica donna capoverdiana, originaria della Guinea Bissau, ed è l’unico veterinario presente sull’isola di Maio; ieri, in occasione del suo 50° compleanno ha organizzato una “cena” e invitato parenti,amici e l’intero vicinato, così come di tradizione a Capo Verde.
Sara vive in un piccolo appartamento al piano rialzato, servito da un ballatoio, la sua casa è arredata in stile guineano ed è resa calda e accogliente dai colori sgargianti e le intrigate geometrie che contraddistinguono i tessuti del continente africano: un piccolo pezzo della sua terra e l’orgoglio di appartenere ad una cultura antica e legata alle tradizioni.
Come le campane di una chiesa richiamano i fedeli così ieri sera, le luci accese, le porte aperte e la musica ricordavano a tutti che la festa di Sara stava per avere inizio… erano circa le nove e già una piccola folla si era adunata davanti la casa di Sara, un via vai di persone che portavano cibo, pentole e vassoi , vino, punch e tutto quanto si possa immaginare per allestire un grande buffet, in cucina quattro o cinque donne smistavano la roba contribuendo attivamente all’organizzazione generale. Sara non c’era, si stava preparando…
Assisto sempre con ammirazione al clima collaborativo dei maiensi, a questo loro essere una grande famiglia, qui si chiama “djunta mon” che tradotto letteralmente significa “unire le mani, aiutarsi” e questa è una pratica che prescinde le relazioni familiari e di parentela. A Maio tutti possono godere di una grande festa anche i meno abbienti, tutti possono contare sulla solidarietà e il sostegno altrui, nessuno è solo, e questo è un tratto saliente della cultura maiense e capoverdiana in generale. La festa è riuscitissima, ho mangiato e bevuto, chiacchierato e riso tanto. Ho perfino ballato, cosa alquanto complessa per chi come me è abituata ai movimenti un pò “legnosi” e ripetitivi delle discoteche italiane anni 80: qui le donne ballano ancheggiando con straordinaria perizia, disegnando ellissi nell’aria: perfino le più anziane hanno una scioltezza e una mobilità a molti di noi davvero sconosciuta. Ho superato l’imbarazzo della mia goffaggine, sostenuta da mille sorrisi, mi sono lasciata andare respirando un senso di libertà e mi sono abbandonata a quel modo semplice di stare insieme, incurante della forma.
Credo che i festeggiamenti siano proseguiti fino alle prime ore del mattino, io e mio marito siamo andati via poco prima della mezzanotte. A piedi ci siamo incamminati verso casa attraversando le vie deserte, accompagnati dalla musica della festa di Sara che sembrava riecheggiare ad ogni angolo di strada. Poi ad un certo punto mi sono sentita chiamare, era il mio gattino che mi stava aspettando, insieme abbiamo percorso l’ultimo tratto per poi tuffarci nel letto, e abbandonarci ad un sonno profondo.

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