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“Djunta mo” per essere felici

Ieri sera ho partecipato alla festa di compleanno della figlia di amici capoverdiani. L’invito era per le sei del pomeriggio e puntuale alle 6.05 ero già lì. Ho trovato una schiera di donne, alcune armeggiavano in cucina, altre allestivano il buffet, altre ancora erano all’esterno a preparare in un grosso pentolone un’ottima zuppa di riso. Lentamente sono arrivati gli invitati, molti di loro portavano in dono dolci, succhi di frutta, biscotti….nel giro di pochissimo ci siamo ritrovati ad essere in tanti, sicuramente oltre un centinaio di persone. La festa è stata divertente, ero circondata da una miriade di bambini che giocavano in assoluta libertà protetti dall’occhio vigile di tutti i presenti. Alle nove, dopo il rito delle candeline e della torta, un esercito di donne si è attivato per pulire la casa. Questo essere così uniti e collaborativi, questo sentirsi un’unica grande famiglia prende il nome di “djunta mo” che in criolo significa “unire le mani”. E’ una caratteristica della cultura capoverdiana, e un tempo fu un tratto distintivo anche della nostra cultura soprattutto “Djunta mo” per essere felicinell’Italia meridionale.  Qui a Maio nessuno è solo, tutti aiutano tutti: la vita comunitaria e la condivisione sono il presupposto dal quale si articola l’esistenza di tutti i maiensi. Qui non c’è fame perché chi ha sa dividere, gioia e dolore sono spartiti proprio come accadrebbe all’interno di una famiglia. Durante i matrimoni e i funerali questa sana pratica è percepibile in tutta la sua interezza: un matrimonio  è la festa di tutti, un funerale diventa un lutto per l’intera città. Nelle isole più turistiche di Capo Verde, questo essere così in armonia con gli altri purtroppo sta cedendo il posto alle ragioni del business, ma qui, sull’isola di Maio, dove il tempo sembra essersi fermato, è ancora la considerazione per l’altro a dettare il “senso” della vita.